Sommario
Qual è la pena prevista per il reato di corruzione?
La pena attualmente prevista per il reato di corruzione è – a seconda delle diverse fattispecie contemplate dal codice penale – la reclusione da 1 a 20 anni. Non vi è bisogno di querela di parte per il perseguimento di corrotti e corruttori, poiché è possibile procedere anche d’ufficio.
Quali sono le massime della corruzione?
A differenza dalla concussione, la corruzione è caratterizzata da un accordo liberamente concluso tra un privato e un funzionario pubblico. Ecco alcune delle massime più rilevanti della Cassazione sul reato di corruzione: Cassazione penale n. 46015/2018.
Cosa è la corruzione?
La corruzione è un fenomeno che si verifica quando un soggetto agisce contro i propri doveri e i propri obblighi a fronte del conseguimento di denaro o altre utilità. Alla corruzione il nostro ordinamento attribuisce rilevanza penale, riconducendola nel novero dei reati contro la pubblica amministrazione.
Quali sono i casi di corruzione tra privati?
Esempio tipico è quello dei clamorosi casi italiani degli anni ’90, comunemente noti sotto il nome di Tangentopoli. Corruzione tra privati . La corruzione tra privati di cui all’art. 2635 c.c. si verifica quando un soggetto operante all’interno di un’azienda cerca (riuscendoci o meno) di corrompere sindaci,
Quali sono le pene previste per la corruzione?
Con la legge anticorruzione, approvata a dicembre 2018, le pene previste per la corruzione sono state inasprite. In particolare, la recente legge ha previsto che per la corruzione per l’esercizio della funzione (cd. corruzione impropria), la pena non è più quella della reclusione da uno a sei anni, ma quella dalla reclusione da tre a otto anni.
Come si consuma l’istigazione alla corruzione attiva?
L’istigazione alla corruzione attiva si consuma nel tempo e nel luogo in cui il soggetto pubblico sollecita il privato alla dazione illecita e, come per l’istigazione ad opera del privato di cui ai precedenti commi, anche per questa figura criminosa la giurisprudenza finisce per negare l’ammissibilità della forma tentata. 2.